Nato dalla fusione tra TikTok e Musical.ly, servizio di videosharing che consentiva di cantare in playback sulle canzoni di successo, il social ha conosciuto una crescita rapidissima ed è diventato l’app più scaricata al mondo. Un tale successo ha cominciato ad interessare anche le aziende private, che stanno pensando seriamente ad utlizzarlo a fini “comemrciali”, pur consapevoli che anche su questa piattaforma sono state avanzate  perplessità relative alla sicurezza dei dati; polemiche si sono registrate anche riguardo alla moderazione dei contenuti. I media hanno riportato quelle relative alle tematiche LGBT in Turchia e – ovviamente –  alle proteste di Hong Kong.

L’algoritmo di Tik Tok, per il momento, sembra abbastanza “semplice”. Un po’ come il primo Facebook. Era molto più facile di adesso raggiungere gli utenti: bastava creare una pagina e molti dei contenuti postati venivano mostrati a chi la seguiva. Negli anni, l’algoritmo ha cominciato a privilegiare i contenuti spopnsorizzati – e migliaia di pagine si sono trovate in breve tempo con scarsa o nulla visibilità. A meno, naturalmente, di utilizzare campagne  a pagamento.

Tik Tok ci riporta a quei tempi. Significa che anche chi ha pochi follower può aspirare a finire nei feed di perfetti sconosciuti, e magari diventare virale. Naturalmente anche Tik Tok offre delle “opzioni”  a pagamento.

Per esempio  “challenge”, probabilmente la più creativa delle proposte. Sono le “sfide” tra utenti: una volta lanciate, tutti provano a fare lo stesso.Letteralmente ogni azione, anche la più stupida,  può essere trasformata in challenge e promossa sulla pagina di esplorazione dell’app.

Una delle campagne di maggior successo a livello mondiale è stata quella  andata sotto l’hashtag #lidflip. Chipotle è una catena di fast food che vende anche cibo da asporto.  La sfida era riuscire a coprire la confezione di cibo mex con il coperchio di stagnola con un unico movimento. Ma per partecipare serviva, chiaramente, ottenere un box di Chipotle (e quindi acquistarlo in negozio).

Ci sono, naturalmente, tutte le opzioni più tradizionali. Anche su Tik Tok potete, ad esempio, promuovere i vostri post che appariranno tra due contenuti non sponsorizzati nel feed, potete comprare un top view ad, cioè un post che gli utenti vedono non appena aprono l’app. e naturalmente, sono già disponibili anche alcuni influencer tools.

Se il vostro brand punta alla generazione dei più giovani, investire in questa nuova piattaforma può avere un senso. Se mirate al mercato cinese e asiatico in generale, ancora meglio (considerando le differenze culturali e agli stereotipi che in questi ultimi hanno provocato importanti scivoloni da parte di aziende occidentali come Dolce e Gabbana).  Quindi attenzione in quanto Tik Tok non è una piattaforma per tutti, e il rischio di figuracce è sempre presente.

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Ebbene sì, anche i social media sono un prodotto editoriale. Non basta essere degli smanettoni informatici, fare qualche post improvvisato o foto simpatiche, pensando di essere “imparati” perché ormai abbiamo tutti un profilo FB o IG. Se un’azienda decide di presidiare un canale social deve essere presente consapevolmente, dedicando un giusto impegno e altrettante risorse, con una strategia e un piano editoriale, capace di integrarlo e adeguarlo osservando e interpretando costantemente le reazioni del “popolo” della rete.
GGallery ha intrinsecamente il know-how editoriale e tecnologico per accompagnare, assistere e guidare i propri clienti, siano aziende, enti o associazioni nel magico mondo dei social: al nostro interno possiamo produrre tutti i contenuti necessari, come testi, immagini, info grafiche, video o motion graphic. Ma soprattutto abbiamo le competenze tecniche per gestire gli algoritmi, utilizzare le tag, individuare gli influencer più adatti.