di Paolo Macrì
Sono passati quasi cinquecento anni e Genova torna a essere Superba per un’opera architettonica. Senza mai dimenticare che è stata un’immensa tragedia a rendere famoso il Ponte “ex Morandi” (in attesa del nome ufficiale), è indubbio che la ricostruzione con procedure straordinarie, in tempi record nonostante alluvioni e Covid-19, su disegno della archistar cittadina Renzo Piano, lo renderà un simbolo unico.
Storia, sport, cultura, economia
Città strana Genova… lunga, stretta, senza spazi, arroccata intorno al suo grande porto su ripide e ventose colline; strani anche i suoi abitanti, riservati, scontrosi, rinchiusi tra grandi mura che nel XVII secolo superano una lunghezza complessiva di 19 chilometri, a proteggere un centro storico tra i più estesi d’Europa.
Quante eccellenze per l’antica Genova: all’epoca delle Crociate, l’utilizzo della Croce di San Giorgio è concesso alle navi inglesi per avere protezione dai pirati e ancora oggi il vessillo della Corona contiene il simbolo della Repubblica Marinara. All’inizio del 1400 la ricchezza delle famiglie genovesi è tanta che inventano la prima banca, il Banco di San Giorgio, costruiscono ville, palazzi sontuosi e capolavori come la cinquecentesca, intatta Via Garibaldi, inserita dall’Unesco fra i patrimoni mondiali dell’umanità. Proseguono le grandi navigazioni e un certo Cristoforo Colombo scopre quelle che saranno Le Americhe, con l’aiuto di marinai eccezionali vestiti di un tessuto particolare, oggi celebre in tutto il mondo: il Jeans.
Sono “record” che appartengono al passato. Ma anche in epoche più recenti Genova ha saputo primeggiare: nello sport, a fine 1800 nasce il calcio in Italia con il Genoa Cricket Club (1893) e viene fondato il primo circolo velico, il Regio Yacht Club Italiano (1879, oggi YCI) che avrà un ruolo di guida per la diffusione della vela; un po’ più tardi, negli anni quaranta, la subacquea muove i primi passi nel porticciolo Duca degli Abruzzi con Cressi, Mares e Durand de la Penne. Non è quindi un caso se a Genova ci sono l’Acquario e il Salone Nautico.
Nonostante un’immeritata fama di città grigia (in realtà per il colore dei suoi meravigliosi tetti in ardesia), cultura, arte e spettacolo abitano a Genova: nel 1892, in un vicolo del centro, a due passi dal Palazzo Ducale e dal Duomo, viene fondato il Partito Socialista Italiano; grazie al passaggio dei transatlantici, il Jazz ha un’influenza nella cultura musicale cittadina, che qualche decennio più tardi dà origine alla canzone italiana d’autore con Lauzi, De Andrè, Conte e Paoli; negli stessi anni si esprimono grandi comici come Govi e Villaggio, poi Grillo, Crozza, Luca e Paolo. In pieno centro ha sede il Teatro dell’Opera Carlo Felice, uno dei più importanti per modernità e dimensioni.
Nei secoli il cuore pulsante di Genova è sempre stato, ovviamente, il Porto. Gioca un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’industria pesante e caratterizza, poi condiziona anche negativamente, l’economia genovese per tutto il novecento. L’impulso economico è accompagnato da una crescita della popolazione che negli anni settanta è arrivata a superare le ottocentomila unità.
La successiva grande crisi industriale è stata dolorosa non solo in termini economici, ma soprattutto demografici (oggi i genovesi sono meno di seicentomila!), svuotando rapidamente la città in un declino inarrestabile, fino al crollo del Ponte, emblema di un territorio che ha costantemente perso aziende, posti di lavoro e rilevanza nazionale, isolato da infrastrutture al collasso.
Le “teorie” che hanno provato a spiegare le dinamiche distruttive di Genova, spaziano dalla burocratizzazione della vita portuale dovuta a un dialogo difficile con i “camalli”, limitando lo sviluppo del porto, all’ingerenza negativa dello Stato durante il processo di irizzazione che ha ostacolato una sana cultura d’impresa, al complicato compromesso politico tra due poteri molto forti in città, che hanno preferito controllare anziché sviluppare: quello ecclesiastico e quello politico.
E oggi?
La vera domanda è dove sono finite le famiglie genovesi dominatrici per secoli? Perché si sono chiuse nei loro palazzi e hanno smesso di essere commercianti eccezionali? Cosa è mancato? Forse si è chiuso un ciclo, molto lungo. A tutti i livelli è venuta meno una classe dirigente capace di innovare e trasformare, nelle istituzioni e nelle aziende.
È emblematico come alle ultime elezioni regionali nessuno dei due candidati alla Presidenza fosse un genovese (quando la Liguria è sempre stata Genova-centrica); il Sindaco Bucci è un genovese “atipico”, manager internazionale che ha vissuto la maggior parte della sua carriera negli Stati Uniti. Circostanze estranee che hanno prodotto un’energia positiva, complice la rinnovata sinergia tra Confindustria e Camera di Commercio, Aeroporto e Autorità Portuale, qualcosa è (forse) cambiato… La tragedia del 14 agosto 2018 ha cementato tutti gli attori, opinione pubblica inclusa, verso una svolta con un orizzonte superiore ai confini delle storiche mura.
Tre macro settori economici hanno ormai basi solide con alto potenziale: il porto, in accordo a una tradizione secolare ma con prospettive di crescita nel momento in cui le grandi opere risolveranno il problema infrastrutturale su gomma e ferro; il turismo, grazie a un rinnovato appeal trainato dal citato Acquario, dal mondo delle crociere e da una valorizzazione del patrimonio storico; l’industria high tech, fondata su un tessuto di Micro e PMI attente all’innovazione, rilanciata dall’insediamento dell’Istituto Italiano di Tecnologia e dalla costruzione del Great Campus Erzelli, ironicamente rinominato “Basilicon Valley”. A proposito, il basilico e ovviamente il pesto, sono un’eccellenza tutta genovese.
Oggi, durante la più grave pandemia della storia moderna, si fa riferimento al “modello Genova”. Nonostante un declino che accompagna la città da quasi cinquant’anni, la Superba è simbolicamente un faro, La Lanterna, punto di riferimento di una capacità di risorgere dove sembrava impossibile. La storia secolare è testimone delle potenzialità che Genova può esprimere, nelle persone e nel territorio. È il momento di pensare positivo, è doveroso guardare al domani, a una “nuova normalità” sostenibile, aperta all’integrazione sociale e focalizzata sulle innovazioni tecnologiche in quanto strumenti per migliorare la qualità della salute, della vita lavorativa e sociale.
Che Genova, o meglio Ianua, sia la porta di accesso verso una visione evolutiva del decennio 2020, perché si annuncia tanto difficile quanto cruciale per le generazioni future.
“A Genova puoi vedere i gabbiani volare dall’alto” (Renzo Piano)